Secondo quanto riferito da Adweek, Google avrebbe stipulato accordi finanziari con alcuni editori affinché questi utilizzino una sua nuova piattaforma di intelligenza artificiale, ancora in versione beta, per la produzione di articoli giornalistici.

L’iniziativa è stata avviata dopo un invito di Google rivolto alle testate giornalistiche, ad ottobre scorso, nell’edizione di quel mese della newsletter Local Independent Online News, affinché si candidassero per testare le tecnologie emergenti.

Il programma fa parte della Google News Initiative (GNI), lanciata nel 2018 per fornire agli editori, sostegno, tecnologia e formazione, con l’obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità nell’era digitale.

Google in questi anni, ha utilizzato la GNI per supportare l’industria editoriale in questi difficili tempi di difficoltà economiche e, perché no, reputazionali.

Sebbene il programma abbia coinvolto gli editori a partire da gennaio, il lancio ufficiale è avvenuto a febbraio.

In base agli accordi stipulati, gli editori sono tenuti a utilizzare la piattaforma per creare e pubblicare tre articoli al giorno, oltre a una newsletter settimanale e una campagna di marketing mensile.

Nella fase di avvio, secondo quanto riportato da Adweek, agli editori verrebbe richiesto di catalogare diverse fonti come agenzie governative e organi di stampa e materiale considerato rilevante per il loro pubblico, senza richiedere il consenso per l’elaborazione delle informazioni (come spiegato dall’azienda stessa).

Appena uno dei siti indicati pubblica un articolo, un sistema apposito lo visualizzerebbe immediatamente su una pagina dedicata, consentendo all’editore di elaborarne uno nuovo basato sul testo originale. L’intelligenza artificiale evidenzierebbe quindi le parti prelevate dalla fonte e quelle invece elaborate.

Successivamente, un supervisore esaminerebbe il risultato finale prima della sua pubblicazione online, senza l’obbligo di identificare il contenuto come prodotto dall’intelligenza artificiale.

Gli articoli generati dall’intelligenza artificiale utilizzano un sistema di codifica a colori per indicare l’affidabilità delle varie parti del testo, semplificando il lavoro degli editori nel processo di revisione e correzione prima della pubblicazione.

Gli editori partecipanti non sarebbero tenuti ad informare i lettori dell’uso di strumenti di intelligenza artificiale per la redazione di quei contenuti.

In cambio della partecipazione al programma, le testate giornalistiche ricevono un compenso mensile in una somma a cinque cifre all’anno, oltre ai mezzi per produrre gratuitamente contenuti pertinenti per i loro lettori.

Google richiede invece una serie di dati fondamentali, come analisi e feedback, dalle singole testate, che contribuiranno ad ampliare ulteriormente il set di dati disponibili per i suoi modelli di intelligenza artificiale.

Il pericolo che emerge dall’articolo di Adweek, in un momento in cui il settore dei media è già colpito da licenziamenti diffusi con una crisi epocale dell’editoria locale negli USA, sarebbe costituito dall’accelerazione della perdita di posti di lavoro e la sostituzione dei giornalisti con l’intelligenza artificiale.

In risposta a questa narrazione che evidenzierebbe un comportamento poco trasparente e leale di Google nei confronti degli editori e dei lettori, un suo portavoce ha affermato “Lo strumento sperimentale è stato progettato in modo responsabile per aiutare i piccoli editori locali a produrre giornalismo di alta qualità utilizzando contenuti reali. Questi strumenti non sono destinati e non possono sostituire il ruolo essenziale che i giornalisti hanno nel riportare, creare e verificare i loro articoli”.