Due studi sull’impatto dell’IA in Italia

Due studi sull’IA in Italia evidenziano la crescente adozione nelle aziende e le potenziali sfide, come il deficit di competenze e la fuga di cervelli.

un chip AI con la bandiera dell'Italia

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Durante questo mese sono stati pubblicati due studi, che abbiamo trovato particolarmente interessanti, sull’impatto dell’intelligenza artificiale in Italia.

Il primo studio, intitolato “EY Italy AI Barometer”, realizzato da Ernst e Young fornisce un’analisi approfondita sull’integrazione dell’IA nelle aziende italiane, rivelando sia l’ottimismo che le difficoltà che accompagnano questa trasformazione tecnologica. Il secondo studio, intitolato “AI 4 Italy: from theory to practice: Verso una politica industriale dell’IA Generativa per l’Italia”, è stato realizzato da TEHA Group (The European House) in collaborazione con Microsoft Italia e si concentra sull’impatto dell’IA Generativa sull’economia e sull’industria italiana, proponendo un piano strategico per posizionare l’Italia come leader nell’innovazione tecnologica.

Secondo lo studio di Ernst e Young per valutare la posizione dell’Italia rispetto agli altri paesi europei e per riflettere su come colmare le lacune esistenti per competere a livello globale, è essenziale comprendere il livello di adozione e utilizzo dell’IA nel nostro paese.

Dai risultati raccolti risulta che l’Italia si colloca tra i primi tre Paesi europei per l’implementazione dell’IA, subito dopo Spagna e Svizzera, come evidenziato dallo studio “EY Italy AI Barometer”. Questo rapporto rivela che il 77% delle aziende italiane ha già adottato l’intelligenza artificiale, dimostrando una notevole capacità di adattamento e innovazione nel contesto economico europeo. Questo dato è particolarmente significativo, poiché indica che l’Italia è riuscita a recepire e applicare il cambiamento tecnologico in ambito produttivo.

Settori come quello delle telecomunicazioni e dei media hanno integrato l’IA in modo particolarmente incisivo, trasformando radicalmente il loro modo di operare. Questa introduzione dell’IA può essere paragonata a innovazioni storiche come l’invenzione della scrittura, l’avvento del computer e l’emergere dei social media, ognuno dei quali ha rivoluzionato i paradigmi di comunicazione e informazione. Ora l’intelligenza artificiale rappresenta il passo successivo in questa evoluzione, con il potenziale di trasformare ulteriormente il panorama tecnologico e produttivo.

Il settore pubblico mostra una maggiore incertezza riguardo alle competenze necessarie per l’adozione e l’utilizzo dell’IA. Il 67% dei rispondenti al sondaggio ha dichiarato di non avere una conoscenza sufficiente dell’IA, indicando una carenza di preparazione e di risorse per affrontare le sfide tecnologiche. Inoltre, il 58% dei manager ha riferito che l’adozione dell’IA ha portato a risparmi sui costi e a un aumento dei profitti, mentre il 16% non ha riscontrato benefici economici tangibili. È inoltre rilevante notare che il 24% dei rispondenti prevede che l’IA potrebbe portare alla sostituzione di alcune mansioni, con il 76% che si aspetta una riduzione del personale man mano che l’IA diventa più diffusa e consolidata.

L’IA Generativa emerge come una forza altamente trasformativa, con il potenziale di ridefinire il panorama economico e industriale italiano. Secondo lo studio di TEHA Group e Microsoft Italia, l’adozione diffusa dell’IA Generativa potrebbe incrementare il PIL italiano di fino a 312 miliardi di euro nei prossimi 15 anni, rappresentando una crescita del 18,2%.

Questo impatto positivo non riguarda solo le grandi imprese, ma anche le piccole e medie imprese, che potrebbero beneficiare di un aumento del valore aggiunto di 122 miliardi di euro.

Nonostante questi risultati promettenti, l’Italia si trova in una posizione di svantaggio per quanto riguarda le competenze nel campo dell’IA. Attualmente, il nostro paese è al settimo posto in Europa per i programmi di studio dedicati all’IA e al sedicesimo posto tra i Paesi OCSE per la diffusione delle competenze. Questo deficit di competenze non solo limita la capacità dell’Italia di sfruttare appieno il potenziale dell’IA, ma contribuisce anche al fenomeno della fuga di cervelli.

Molti giovani talenti italiani, laureati in settori tecnologici avanzati, scelgono di emigrare all’estero in cerca di opportunità lavorative migliori e di contesti più favorevoli per lo sviluppo delle loro competenze. Questo fenomeno impoverisce il paese dal punto di vista delle risorse umane e aggrava ulteriormente il divario tecnologico, riducendo la capacità dell’Italia di innovare e mantenere una posizione competitiva a livello globale.

Un ulteriore aspetto preoccupante riguarda il livello dell’istruzione universitaria: solo due università italiane figurano tra le prime 70 al mondo per i programmi di studio sull’IA. Questo suggerisce una mancanza di investimenti sufficienti sui giovani e sulla formazione avanzata; è essenziale implementare un piano nazionale di alfabetizzazione IA per diffondere la conoscenza dell’IA a tutti i livelli educativi e professionali. È necessario ampliare l’offerta formativa universitaria e promuovere programmi di formazione aziendale, attrarre talenti digitali dall’estero e sviluppare una forza lavoro altamente qualificata per colmare il gap attualmente esistente.

Per affrontare queste sfide e sfruttare appieno le opportunità offerte dall’IA Generativa, è necessario un impegno concertato in diverse aree.