Nel mese di febbraio 2024, The Intercept, Raw Story e AlterNet hanno presentato azioni legali presso il tribunale distrettuale meridionale di New York contro OpenAI, rappresentate dallo studio legale Loevy & Loevy.

Questi siti accusano ChatGPT di riprodurre proprie opere giornalistiche protette da copyright senza nemmeno fornire informazioni fondamentali come gli autori, i titoli, i diritti d’autore o i termini di utilizzo di tali opere.

Tale mancanza di attribuzione aggraverebbe la violazione dei diritti degli autori e del rispetto delle norme sul copyright. Infatti i legali lamentano che ChatGPT replica letteralmente o quasi letteralmente i propri contenuti senza fornire le necessarie informazioni sul copyright.

Le azioni legali avanzate da Raw Story e AlterNet vanno oltre, sostenendo che OpenAI e Microsoft erano consapevoli che l’eventuale violazione del copyright avrebbe compromesso la popolarità e le entrate di ChatGPT. Entrambe le società offrono una copertura legale ai clienti paganti nel caso di denunce per violazione del copyright riguardanti l’utilizzo di strumenti come Copilot o ChatGPT Enterprise.

È importante notare che OpenAI ha già affrontato altre cause legali riguardanti il copyright, dove l’azienda è riuscita a difendersi con successo. Nel luglio scorso, la comica Sarah Silverman insieme ad altri autori come Christopher Golden, Richard Kadrey, Paul Tremblay e Mona Awad aveva accusato OpenAI di aver utilizzato i loro lavori per addestrare ChatGPT senza consenso, violando il loro diritto d’autore. Tuttavia, il 19 febbraio 2024, la giudice federale Araceli Martínez-Olguín ha respinto le accuse.

Date queste premesse, la strategia legale di Loevy & Loevy si concentra sulla presunta violazione della Digital Millennium Copyright Act (DMCA) del 1998 da parte di OpenAI. Il Digital Millennium Copyright Act rende illegali la produzione e la divulgazione di tecnologie, strumenti o servizi che aggirino le misure di accesso ai lavori protetti dal copyright (conosciuti anche come DRM) e criminalizza l’elusione di dispositivi di controllo d’accesso, anche senza violazione effettiva del diritto d’autore. Inoltre, prevede un inasprimento delle pene per la violazione del copyright su Internet. Lo studio legale sostiene che OpenAI avrebbe intenzionalmente rimosso le informazioni relative al copyright dagli articoli online di The Intercept, Raw Story e AlterNet inclusi nei set di dati di addestramento di ChatGPT, violando apertamente il DMCA.

Affinché sia possibile citare direttamente OpenAI però gli editori devono mantenere una documentazione delle opere prodotte e utilizzate presso l’Ufficio copyright degli Stati Uniti. I giornali in formato cartaceo hanno la possibilità di pagare una tariffa mensile per registrare tutti i contenuti pubblicati durante il periodo considerato, mentre le pubblicazioni esclusivamente digitali devono gestire registrazioni elettroniche per ciascun singolo articolo, il che comporta costi significativi. Ad esempio, il processo di registrazione di tutti gli articoli presenti su un sito di notizie prolifico come The Intercept può rapidamente accumulare decine di migliaia di dollari. Questo crea un problema ulteriore per siti come The Intercept, Raw Story e AlterNet nel dimostrare tali le violazioni. In questo senso una delle linee di intervento proposte nella relazione della Commissione sull’intelligenza artificiale per l’informazione, presentato alla premier Giorgia Meloni lo scorso 26 marzo, potrebbe rappresentare un utile strumento. La Commissione presieduta da padre Paolo Benanti propone la promozione della tracciabilità mediante la marcatura temporale dei contenuti editoriali con tre obiettivi: presidiare l’autenticità e la provenienza dei contenuti da fonti editoriali; garantire la patemità delle opere e la titolarità dei diritti; consentire l’attribuzione della responsabilità dei contenuti per contrastare la disinformazione.