La piattaforma consentiva agli utenti di condividere notizie, esprimere opinioni e interagire con altri iscritti attraverso i commenti, promuovendo dibattiti interessanti e potenzialmente costruttivi. In alternativa, gli articoli potevano essere discussi direttamente con amici attraverso una casella di posta altamente funzionale.
A differenza di Instagram o TikTok, dove l’elemento predominante sono immagini e video, Artifact metteva al centro il testo. L’obiettivo dei fondatori era democratizzare l’accesso a informazioni di alta qualità, riducendo la disinformazione e contrastando la diffusione di notizie false.
Ma perché ne stiamo parlando già al passato?
Kevin Systrom, l’Amministratore delegato, circa una settima fa ha annunciato la chiusura dell’app a fine febbraio, con la rimozione della sezione dei contenuti mentre l’area dei commenti è già chiusa.
Le motivazioni sono state chiaramente espresse: “Abbiamo preso la decisione di chiudere le operazioni dell’app Artifact, lanciata un anno fa, lavorando instancabilmente per costruire un ottimo prodotto. Abbiamo creato qualcosa che piace a un gruppo ristretto di utenti, ma l’opportunità di mercato non è abbastanza grande da giustificare un investimento continuo in questo modo.”
Nonostante i riconoscimenti ottenuti, come la nomina ad “app essenziale dell’anno” da parte del Google Play Store, il mancato riscontro del mercato e la necessità dei suoi creatori di concentrarsi su progetti più ampi hanno determinato la chiusura di Artifact.
Questo episodio sottolinea che, in un mondo dominato da immagini e video, l’interesse per notizie e informazioni è sempre più in pericolo, e denota anche una difficoltà per le startup di investire in questo settore e far crescere l’informazione giornalistica tradizionale.
Lo stesso Kevin Systrom ha auspicato che la tecnologia possa trovare modi per preservare, sostenere e far crescere questo tipo di informazione, traendo vantaggio dalla scala che strumenti come l’intelligenza artificiale possono fornire.