IMMAGINE REALIZZATA CON IA MIDJOURNEY

Il pericolo rappresentato dall’intelligenza artificiale e dai deepfake si estende anche al panorama politico mondiale, con un esempio tangibile che in Bangladesh,  paese dell’Asia meridionale con una popolazione di 170 milioni di abitanti attualmente coinvolto in una competizione elettorale che terminerà a gennaio tra la prima ministra in carica, Sheikh Hasina, e l’opposizione rappresentata dal partito nazionalista del Bangladesh.

Gli organi di stampa e gli influencer favorevoli al governo hanno sfruttato gli strumenti di intelligenza artificiale forniti da start-up specializzate per favorire Sheikh Hasina. Sotto accusa sono due video: nel primo, una artefatta clip di notizie, un conduttore generato dall’IA critica aspramente gli Stati Uniti, amplificando così la posizione critica già espressa dal governo; il secondo video, successivamente rimosso, ritraeva un deepfake del leader dell’opposizione in un contesto ambiguo riguardo al suo presunto sostegno agli abitanti di Gaza, un argomento delicato in un paese a maggioranza musulmana.

La pressione per affrontare questa forma di manipolazione digitale ha spinto aziende tecnologiche globali come Google e Meta a introdurre politiche per rivelare eventuali alterazioni digitali negli annunci politici.

Negli Stati Uniti, il Comitato Nazionale Repubblicano ha già utilizzato immagini generate dall’IA in uno spot pubblicitario di attacco, mentre in Venezuela YouTube ha sospeso account che utilizzavano conduttori di notizie generati dall’IA per promuovere la disinformazione a favore del governo di Nicolás Maduro.

Sabhanaz Rashid Diya, fondatore del Tech Global Institute, ha sottolineato che le sfide nel fronteggiare questa forma di disinformazione sono maggiori nei paesi al di fuori dell’Occidente, evidenziando l’importanza di un approccio di regolamentazione globale e coordinato per affrontare il fenomeno.

Nel contesto specifico del Bangladesh, la diffusione della disinformazione online nel paese è pervasiva come  documentata in un rapporto, pubblicato a marzo, del Global Disinformation Index (GDI) il “Disinformation Risk Assessment: The Online News Market in Bangladesh”, fornisce approfondimenti significativi sui rischi legati alla disinformazione nel settore dei media bengalese.

Questo studio analizza 33 domini di notizie nel paese, rivelando che tutti e 33 presentano un rischio medio-alto di diffondere disinformazione tra i propri utenti inclusi siti noti per la loro reputazione di copertura giornalistica indipendente e rispettata. La valutazione del GDI mette in luce la complessità della situazione, evidenziando la difficoltà nell’identificare la disinformazione, accentuata dalla mancanza di strumenti di rilevamento affidabili.

Tra l’altro le soluzioni proposte dalle grandi piattaforme tecnologiche, focalizzate sulla regolamentazione dell’IA nella pubblicità politica, hanno un impatto poco rilevante nel paese, dove le pubblicità rappresentano una parte minore della comunicazione politica.

Il caso del Bangladesh offre un esempio tangibile di come l’IA e i deepfake possano essere utilizzati per influenzare le elezioni e alimentare la disinformazione.

Affrontare questa minaccia richiede un impegno a livello globale per sviluppare soluzioni efficaci e regolamentazioni adeguate che tengano conto delle specificità dei mercati più piccoli e dei contesti politici complessi.

Miraj Ahmed Chowdhury, CEO della società di ricerca sui media Digitally Right con sede in Bangladesh, ha sottolineato che, sebbene la disinformazione generata dall’IA sia ancora in fase sperimentale, può rappresentare una minaccia significativa quando si utilizzano tecnologie avanzate per diffondere notizie fuorvianti su larga scala.