redazione di giornalisti

IMMAGINE REALIZZATA CON IA MIDJOURNEY

È uscito nei giorni scorsi su Columbia Journalism Review uno studio del The Tow Center for Digital Journalism at Columbia’s Graduate School of Journalism, a firma Felix M.Simon, dal titolo “Artificial Intelligence in the News: How AI Retools, Rationalizes, and Reshapes Journalism and the Public Arena “ che tenta di fare il punto della situazione in relazione agli strumenti di IA nel giornalismo, suoi effetti e conseguenza,

Di seguito una sintesi dei punti che abbiamo ritenuto più rilevanti per i nostri lettori, di un documento che varrebbe la pena essere integralmente letto.

Le motivazioni per l’uso dell’IA nelle redazioni

Le pressioni del mercato giocano un ruolo cruciale, con le testate giornalistiche ancora in fase di adattamento dopo il declino dei modelli di business tradizionali. Molti editori vedono nell’IA una potenziale salvezza da questa minaccia esistenziale, con la speranza di migliorare profitti e trovare nuovi modelli di business. Questa prospettiva è rafforzata da sondaggi che confermano la ricerca di modi per far crescere il pubblico, gli abbonamenti e il coinvolgimento degli utenti attraverso l’impiego dell’IA.

Le dinamiche competitive del settore spingono ulteriormente l’adozione dell’IA, con le testate giornalistiche che osservano attentamente i movimenti dei loro rivali per non rimanere indietro nelle innovazioni tecnologiche. Questa competizione costante agisce come un catalizzatore per l’implementazione tempestiva di nuove tecnologie.

Infine, l’incertezza sul futuro dell’IA, insieme all’entusiasmo e alla speranza che circondano questa tecnologia, alimenta gli investimenti, la sperimentazione e l’adozione precoce. La promessa di maggiore efficienza e possibilità precedentemente inimmaginabili spinge le testate giornalistiche a esplorare il potenziale dell’IA.

Come viene utilizzata

Recentemente, diversi studi hanno evidenziato come l’IA si sia gradualmente infiltrata in vari aspetti della produzione e distribuzione delle notizie, spesso in modo sottile e poco evidente al pubblico.

Le applicazioni dell’IA nelle notizie possono essere raggruppate in diverse categorie, ognuna con il potenziale per migliorare il valore offerto dalle testate giornalistiche. Una di queste categorie comprende la creazione di nuovi prodotti o funzionalità, come ad esempio l’introduzione di una sintesi vocale per migliorare l’accessibilità agli articoli tramite app.

Allo stesso modo, l’IA supporta attivamente la raccomandazione e la cura dei contenuti su piattaforme gestite dalle testate. Questo si manifesta attraverso suggerimenti personalizzati basati sul comportamento degli utenti, consentendo un’esperienza più mirata e coinvolgente.

Inoltre, le testate stanno sfruttando l’IA per ottimizzare le newsletter, sia automatizzando alcune parti del contenuto che personalizzando i consigli offerti ai lettori.

Tuttavia l’IA non è una panacea e molte delle sue attuali applicazioni possono sembrare relativamente banali rispetto alle aspettative create dal recente hype. È fondamentale comprendere che l’IA può portare vantaggi significativi, ma richiede un approccio realistico e consapevole delle sue limitazioni.

Le aspettative

L’intelligenza artificiale (IA) nel giornalismo è al centro di un dibattito su come possa aumentare l’efficienza e l’efficacia nel settore. Questo tema è stato citato da vari manager e dirigenti, sia negli Stati Uniti che in Germania, come una ragione chiave per adottare questa tecnologia.

Il dibattito sull’efficienza può essere sostanzialmente diviso in due campi. Da un lato, ci sono esperti e professionisti che credono che l’intelligenza artificiale libererà significativamente i giornalisti, consentendo loro di concentrarsi su compiti più creativi e strategici mentre la tecnologia si occuperà del lavoro duro. Altri sono più scettici e sostengono che l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla produttività sarà probabilmente più limitato.

Un altro esempio saliente in questa categoria è l’uso dei paywall dinamici. Questi sistemi, sempre più popolari nelle redazioni, si basano su una vasta gamma di dati relativi al comportamento degli individui durante l’utilizzo di un sito Web (ora e durata della visita, dispositivo utilizzato, contenuto consumato, tempo trascorso a consumare contenuti) per prevedere la probabilità di convertirli in abbonati paganti. e adattare di conseguenza l’accesso al paywall.

Un paywall ben implementato e attentamente ottimizzato può avere un grande impatto per l’attività di un’organizzazione giornalistica, come ha descritto Rohit Supekar, un data scientist del New York Times :  “Il Times ha raggiunto il suo obiettivo di 10 milioni di abbonati e ha fissato un nuovo obiettivo di 15 milioni di abbonati entro la fine del 2027. Questo successo è stato possibile in parte grazie ai continui miglioramenti nella strategia di paywall nel corso degli anni.”

Altro aspetto significativo potrebbe essere il miglioramento per le attività di giornalismo investigativo laddove questo comporti l’analisi di grandi quantità di documenti. Un giornalista investigativo nel Regno Unito, ad esempio, ha identificato la “fuzzy matching” – una tecnica di apprendimento automatico in grado di identificare elementi simili ma non necessariamente identici all’interno di un set di dati – come un valido strumento per analizzare grandi quantità di documenti per indagare su argomenti come corruzione e evasione delle tasse:

“Penso che la “fuzzy matching” acceleri semplicemente il lavoro di analisi e ricerca, consentendo di scoprire abbastanza rapidamente se c’è una corrispondenza o meno nei dati, risparmiando di passare anni a sfogliare scrupolosamente i documenti cercando informazioni e corrispondenze.”

Contrariamente a quanto inizialmente immaginato sull’intelligenza artificiale, la ricerca suggerisce che la sua capacità di migliorare l’efficienza del lavoro giornalistico – e più in generale il lavoro delle testate giornalistiche – non è così semplice come potrebbe sembrare. In primo luogo, non esiste un singolo processo giornalistico che possa essere nettamente separato e misurato in termini di miglioramenti in termini di efficienza (per non parlare di automatizzazione con l’intelligenza artificiale), così come non esiste un’unica “intelligenza artificiale” il cui effetto possa essere studiato a tutti i livelli. Ciò significa che l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro giornalistico varia a seconda dei compiti specifici da automatizzare. In alcuni casi, potrebbe, infatti, diminuire l’efficienza, ad esempio, se qualcosa prodotto dall’intelligenza artificiale finisce per dover essere faticosamente controllato da un essere umano, o se il suo risultato non può essere completamente attendibile.

Piattaforme e giornalismo

Il ruolo delle piattaforme nel contesto giornalistico è sempre più rilevante e impattante. Queste aziende, tra cui Facebook (Meta), Google (Alphabet), Twitter (ora X), Apple e TikTok (ByteDance), non solo forniscono un accesso al pubblico attraverso le loro piattaforme, ma indirizzano anche i lettori verso contenuti di notizie tramite i loro motori di ricerca. Inoltre, offrono una vasta gamma di servizi all’industria dell’informazione, che vanno dallo storage cloud all’analisi del pubblico e agli accordi di compartecipazione alle entrate.

Ma ciò che rende queste società davvero centrali nell’ecosistema giornalistico è il loro ruolo di leader nello sviluppo e nell’applicazione dell’intelligenza artificiale (IA). Dispongono di ampi team interni di scienziati informatici che lavorano costantemente su miglioramenti e innovazioni nell’IA, e investono massicciamente per espandere le loro capacità in questo settore. Non solo, molte di queste società hanno acquisito o investito in aziende che si dedicano allo sviluppo dell’IA, consolidando così ulteriormente la loro posizione nel campo.

Questo ruolo di primo piano delle piattaforme digitali nell’IA ha portato a una crescente dipendenza delle testate giornalistiche da esse. Gli editori utilizzano sempre più le infrastrutture e i servizi di IA forniti da queste società per una varietà di compiti, dall’analisi dei dati alla trasformazione dei testi in audio. Questa dipendenza, tuttavia, solleva alcune preoccupazioni. Per esempio, rende le testate vulnerabili al blocco del fornitore e agli aumenti dei prezzi. Inoltre, potrebbe compromettere l’autonomia giornalistica, poiché le testate possono finire per adattarsi alle soluzioni preconfezionate offerte dalle piattaforme invece di sviluppare soluzioni personalizzate.

Ricordiamo in proposito come, ad esempio, i recenti cambiamenti delle policy di Facebook nella diffusione delle notizie provenienti da fonti giornalistiche (dovuti in parte anche alle varie normative internazionali sul Copyright e sull’equo compenso agli editori) abbiano ridotto notevolmente il traffico di visitatori da Facebook verso le testate, con conseguente grave riduzione delle entrate.

Inoltre, c’è da considerare che il controllo delle aziende che possiedono le piattaforme sull’IA potrebbe influenzare in modo significativo il panorama delle notizie e l’arena pubblica. Ad esempio, le decisioni algoritmiche prese da queste società possono modellare il flusso di informazioni online e influenzare ciò che il pubblico vede e legge. Pertanto, il ruolo delle piattaforme nell’IA solleva importanti questioni etiche e di governance che richiedono un’attenta valutazione e regolamentazione.

L’opacità nei processi interni delle piattaforme genera preoccupazioni tra i giornalisti riguardo all’affidabilità e all’imparzialità dei servizi di intelligenza artificiale. La mancanza di trasparenza riguardo alle metodologie di addestramento e ai criteri decisionali porta a dubbi sull’integrità e sulla neutralità dei risultati ottenuti attraverso tali sistemi.

Il futuro della professione

Nell’ambito del giornalismo, l’adozione sempre più diffusa dell’intelligenza artificiale solleva interrogativi cruciali riguardanti il futuro della professione e la qualità dell’informazione disponibile al pubblico. Secondo alcuni esperti intervistati, vi è una sorta di “fiducia cieca” nell’intelligenza artificiale, simile a quello che lo studioso James C. Scott ha definito “alto modernismo”, una visione ottimistica del progresso tecnologico che trascura la possibilità di errori e disuguaglianze nell’implementazione dei benefici.

Attualmente, i sistemi di intelligenza artificiale collaborano principalmente con giornalisti, product manager e analisti del pubblico anziché sostituirli completamente. Tuttavia, alcuni prevedono che in futuro l’IA potrebbe prendere il posto di redattori e illustratori, specialmente nelle redazioni con risorse limitate. Questa prospettiva solleva dubbi sulla direzione etica e sulla distribuzione del potere all’interno del giornalismo, con l’IA che potrebbe privilegiare gli interessi di chi detiene il controllo a discapito di chi crea le notizie.

Inoltre, vi è una crescente preoccupazione sulle conseguenze dell’uso dell’IA sulla qualità e sulla diversità dell’informazione giornalistica. Alcuni ritengono che l’IA potrebbe concentrarsi principalmente sull’efficienza e la produttività a scapito della creatività e della rilevanza delle notizie. Tuttavia, la tecnologia da sola non può garantire un giornalismo di qualità; dipende dalle decisioni prese dai dirigenti delle testate giornalistiche sull’utilizzo e l’implementazione dell’IA.

Infine, vi è la sfida di mantenere l’integrità e l’autonomia del giornalismo di fronte all’avanzare dell’intelligenza artificiale. Sebbene l’IA possa supportare il lavoro giornalistico, non può sostituire l’importanza della ricerca sul campo e del reportage di qualità, né garantire una visione equilibrata e inclusiva del mondo. Pertanto, il futuro del giornalismo dipenderà dalle scelte e dalle azioni delle organizzazioni giornalistiche e dei loro dirigenti nell’utilizzare l’IA in modo responsabile e consapevole.