Il 2024 si preannuncia come un anno denso di elezioni nazionali in un numero record di paesi, sollevando preoccupazioni riguardo alla diffusione della disinformazione e alla disponibilità di notizie fondate per gli elettori.

Il Center for News, Technology & Innovation, un centro di ricerca politica globale indipendente, ha condotto uno studio sulle politiche riguardanti le false notizie attuate o proposte in 31 paesi nel periodo compreso tra il 2020 e il 2023.

Tale studio rivela che il testo di 32 atti legislativi offre scarso supporto alla tutela delle notizie basate sui fatti e, in molti casi, favorisce il controllo governativo sui media. La mancanza di garanzie in queste leggi rischia di limitare le libertà di stampa e giornalistiche in un anno elettorale cruciale.

Nello studio si evidenzia che, sebbene la legislazione possa svolgere un ruolo rilevante nella creazione di un ambiente digitale informativo che protegga sia la libertà di stampa che l’accesso del pubblico a notizie verificate, i legislatori dovrebbero essere consapevoli di tale complessità.

In generale, dall’analisi emerge un significativo aumento della legislazione contro le false notizie dopo la pandemia da COVID-19.

Come detto, molte di queste leggi, sembrano compromettere la protezione della stampa indipendente e potrebbero favorire il controllo governativo sulla diffusione delle informazioni, concedendo al governo l’autorità di determinare cosa costituisca una notizia falsa e aumentando il rischio di controllo dei media. Anche se le preoccupazioni sono più evidenti nei paesi autocratici, la mancanza di chiarezza si riscontra anche nelle democrazie.

Fonte immagine:Most “Fake News” Legislation Risks Doing More Harm Than Good Amid a Record Number of Elections in 2024

Il problema parte essenzialmente dal fatto che molte legislazioni definiscono in modo poco chiaro o non definiscono affatto cosa costituisca “fake news”; nel rapporto si evidenzia che:

  • solo un quarto delle politiche esaminate offre una definizione esplicita di tali concetti
  • solo una piccola frazione cerca di distinguere tra la diffusione accidentale e intenzionale di informazioni false
  • meno di un quarto delle politiche studiate fornisce una definizione chiara del contenuto delle notizie, con poche politiche che definiscono esplicitamente termini legati al giornalismo, come le testate giornalistiche o il giornalismo stesso. Anche quando sono presenti definizioni esplicite, sono spesso vaghe e soggette a interpretazioni ampie. Ad esempio, una legge del Togo del 2020 definisce il giornalismo come “contenuto originale” su eventi di “interesse generale”, senza specificare cosa si intenda per “originale” o “interesse generale”.

Altre leggi recentemente approvate presentano disposizioni più estese e potenzialmente più suscettibili di abusi riguardo informazioni che criticano o danneggiano l’esercito o l’economia nazionale, o che fomentano la discordia:

  • Legislazione Greca sulle False Informazioni: Secondo la legislazione greca, è considerato reato diffondere pubblicamente o tramite Internet notizie false in grado di suscitare preoccupazione o paura tra i cittadini, o di minare la fiducia del pubblico nell’economia nazionale, nella capacità difensiva del paese o nella salute pubblica.
  • Legislazione Ungherese sulla Diffusione di Informazioni False: La legislazione ungherese stabilisce che è considerato reato affermare o diffondere un fatto, sia esso falso o vero ma travisato, riguardante un pericolo pubblico che possa provocare disturbi o disordini in un gruppo più ampio di persone nel luogo del pericolo pubblico.
  • Progetto di Legge del Myanmar sulla Disinformazione: Il progetto di legge del Myanmar definisce la creazione di disinformazione come causa di panico pubblico, perdita di fiducia o divisione sociale nello spazio cibernetico.

La mancanza di chiarezza nelle definizioni di giornalismo e notizie false è altrettanto significativa quanto quella delle false informazioni stesse, poiché tali definizioni possono essere utilizzate per giustificare il controllo governativo sui media anziché proteggerne l’indipendenza e la diversità.

Inoltre, tra le altre carenze riscontrate, emerge chiaramente che meno della metà delle politiche esaminate designa un’autorità responsabile per determinare cosa costituisca una “notizia falsa”, lasciando spesso tale decisione esposta ad abusi.

Tra i sistemi giuridici con un’autorità di controllo chiaramente definita, spesso l’arbitro è designato come capo o organo di una commissione governativa, come ministri delle comunicazioni, dell’informazione o della tecnologia.

Tuttavia, alcune entità, pur formalmente indipendenti dallo Stato, presentano una trasparenza limitata e potrebbero essere influenzate dal governo.

Ad esempio, l’Haute Autorité de l’Audiovisuel et de la Communication (HAAC) del Togo ha l’autorità di sanzionare gli attori dei media e concedere l’accreditamento stampa, ma la sua indipendenza dal governo non è trasparente e ha precedentemente censurato i media su richiesta dello Stato.

Le politiche riguardanti le notizie, la disinformazione e il giornalismo, insieme al linguaggio utilizzato per definire tali concetti, hanno il potere di minare l’indipendenza e la diversità dei media, nonché la libertà di espressione.

I dati mostrano che la maggior parte dei paesi studiati ha forme di governo autocratico, e molti di essi si collocano nella metà inferiore dell’indice di libertà di stampa. Ciò suggerisce un elevato rischio di influenze politiche.

È quindi essenziale adottare un approccio equilibrato e consapevole nella definizione di “notizie false” e “notizie vere”. Questo è un compito complesso, reso ancora più difficile nell’era digitale.